Lo psichiatra prescrive sempre farmaci?

Psichiatra e farmaci

Uno dei miti più diffusi rispetto al lavoro dello psichiatra è che prescriva sempre farmaci per trattare le patologie psichiatriche. In realtà la prescrizione farmacologica è solo una parte del lavoro dello psichiatra, e per alcuni professionisti (soprattutto nel privato) non è nemmeno quella principale. Infatti, il medico psichiatra è formato per concentrarsi su diversi ambiti della salute mentale e fisica, e deve saper individuare il trattamento migliore considerando tutti gli aspetti del singolo caso dei suoi pazienti, sulla base delle migliori evidenze scientifiche.

Quali sono le competenze dello psichiatra

Il medico psichiatra ha diverse competenze. In quanto medico, deve comprendere la salute della persona da tutti i punti di vista. Può infatti differenziare sintomi psichiatrici da sintomi di altre patologie, e per questo può prescrivere esami di approfondimento. Può, sempre in quanto medico, prescrivere farmaci (e non solo farmaci in uso in psichiatria) ed è infatti l’unico soggetto che lavora nella salute mentale che può farlo. Inoltre, può praticare psicoterapia, interventi di supporto e motivazionali. Inoltre, lo psichiatra può svolgere perizie, attività di ricerca (anche su temi non farmacologici), attività accademica, e molto altro.

Ma vediamo perché, con l’esempio di una visita, non è assolutamente detto che uno psichiatra prescriva dei farmaci.

Un esempio di visita

Ad un primo incontro, infatti, dopo aver compreso la ragione della visita raccoglie l’anamnesi, per conoscere meglio la storia della persona che ha di fronte. Inizialmente è un discorso molto libero e aperto, poi, con domande più dirette, lo psichiatra evidenzia e raccoglie gli elementi rilevanti dal punto di vista medico e psichiatrico. Può anche essere svolto un breve esame medico, soprattutto se sono riferiti sintomi fisici. Sulla base di tutti questi elementi può poi formulare una diagnosi, o comunque un orientamento diagnostico da approfondire nei successivi incontri, ad esempio con test validati o con esami.

Una volta formulati, diagnosi e orientamento diagnostico devono essere spiegati in modo da essere compresi pienamente, dando spazio a domande e chiarimenti rispetto alla malattia, al suo decorso e al suo significato. Infine, vanno discusse le opzioni di trattamento e sì, tra queste possono esserci farmaci come anche trattamenti non farmacologici. Anche in questo caso vanno spiegate le diverse opzioni, i vantaggi e svantaggi delle singole scelte (come effetti terapeutici e collaterali, avvertenze), le tempistiche del trattamento, e gli obiettivi raggiungibili (e in quanto tempo). Una volta chiarito il tutto, si può scegliere insieme il percorso che si ritiene più appropriato. È a questo punto che lo psichiatra fornirà la sua opinione professionale, sulla base della sua esperienza, della sua competenza e dell’evidenza scientifica attuale (come le linee guida e gli studi più importanti).

L’importanza dell’evidenza scientifica

L’evidenza scientifica, che è costituita sostanzialmente dall’insieme degli studi e delle pubblicazioni sulle riviste scientifiche a revisione paritaria, è un elemento importantissimo nella pratica clinica di tutti i giorni. Emergono nuove informazioni giorno dopo giorno, ed è impossibile leggerle tutte. Per questo, le informazioni più importanti per la pratica clinica vengono raccolte nelle linee guida, che sono un insieme di indicazioni sul trattamento delle patologie che mettono a confronto l’evidenza scientifica disponibile, così da aiutare il medico in una scelta informata e aggiornata del migliore trattamento a seconda delle caratteristiche del paziente. Diverse società scientifiche periodicamente aggiornano le proprie linee guida, in psichiatria come per tutte le discipline mediche. Di suo, il medico le deve leggere criticamente integrando la propria esperienza e, in caso di dubbi, può andare a leggere gli specifici studi su cui si basano (anche perché dove le evidenze sono meno forti, le diverse linee guida possono non essere completamente in accordo).

Queste evidenze, quindi, permettono al medico di confrontare gli effetti dei diversi trattamenti. E sulla base di questo confronto, lo psichiatra potrà scegliere se indicare o meno un farmaco, se suggerire un trattamento non farmacologico, o un’associazione di trattamenti farmacologici e non farmacologici, concordando il percorso coi pazienti.

Conclusioni

In conclusione, lo psichiatra non prescrive sempre farmaci, ma può indicarli se l’evidenza scientifica ne indica l’utilità. Alcuni psichiatri lavorano solo come psicoterapeuti, inviando ad altri psichiatri i pazienti per le eventuali prescrizioni farmacologiche. Altri psichiatri collaborano con psicologi psicoterapeuti e altre figure che non possono prescrivere farmaci, e quindi assisteranno i loro pazienti valutando la necessità (o meno) di una prescrizione farmacologica. Altri, infine, prenderanno completamente in carico i pazienti sia dal punto di vista farmacologico che non farmacologico.

L’indicazione di un trattamento o di un altro dipende dall’evidenza scientifica più aggiornata che il medico psichiatra deve conoscere e comprendere. E soprattutto dalla scelta del percorso che viene fatta coi pazienti, una volta discusse tutte le opzioni e sulla base delle caratteristiche di ognuno.

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